Presentazione: “L’orbita del dio e Il genio del cuore” Aura Christi con Francesco Corsi – SALONE DEL LIBRO di TORINO 2019

Presentazione:
“L’orbita del dio e Il genio del cuore”
Aura Christi con Francesco Corsi

Torino

Salone del Libro - 2019

Il genio del cuore”, terzo titolo di Aura Christi ad essere tradotto in italiano, dopo “La sfera del freddo. Dall’inferno con amore” e dopo “Orbita del dio” (traduzione di Stefan Damian e Francesco Corsi), è un titolo dall’eco Nietzscheano. In effetti del grande filosofo vi è lo stile quasi aforistico e un soggiacente riferimento alle profondità della vita dove l’anima percepisce dolori abissali, ma, in questi abissi, trova anche occasione di cogliere misteriosamente le primizie e le gioie sfolgoranti di luci e visioni. Solo il genio del cuore riesce a sollevarsi al di sopra del declino del particolare, per aprirsi alla gioia dell’essere. Con queste liriche autobiografiche la poetessa segna tre tappe della vita che si articolano nell’esperienza di dialogo di dolore e amore per risolversi poi in una speciale gioia.

Oltre ai riferimenti filosofici e letterari, pensare ad un “genio del cuore” è inoltre questione di portata contemporanea se si pensa che recenti scoperte scientifiche hanno individuato una correlazione tra la mente e il cuore. Il cuore non è una “pompa acefala”, ma vive una corrispondenza bidirezionale con il nostro cervello.. Ed è anche esperienza autobiografica nel vivere l’amore come dimensione di conoscenza sofferta, attraverso una poesia che è anche profonda conoscenza filosofica. Confermando quanto dicevano gli antichi, il cuore sente, il cuore è la sede delle sofferenze, delle emozioni, dei lati più sottili e poetici del vivere l’esistenza.

La vita della poesia è la metafora e la metafora del cuore è una metafora di carne e sangue. Non è un caso se mistici e poeti trovano nella dimensione del cuore il loro centro.

Ricordare viene da “Re-cor-dare”, donare di nuovo al cuore. La mente ha sedimentato ciò che il cuore ha sentito e i luoghi, le situazioni della vita, sono come le madeleine di Proust e ci fanno tornare al cuore le emozioni che abbiamo vissuto. I ricordi, vivi nella memoria che è la base dello sviluppo di ogni intelletto e dell’umanità medesima. Il genio non può essere alieno al cuore. “Cosa devo fare, o genio, con il mio cuore?”: la poetessa si domanda se il suo sofferto sentire mistico sia proprio di un’intelligenza universale. Se anche le pietre amino e sentano, se una candela possa sentire qualcosa per la candela accanto come fosse un amante. Cos’è l’anima? Cos’è il cuore? Un alveo eterno dove il silenzio coincide con una parola che non ha fine… Una ruah biblica, un soffio che dona vita e che aleggia sopra le acque?

Nel genio del cuore, oltre al sentimento profondo per la vita, c’è l’intellezione, un atto noetico che non può disgiungersi dallo studio. Una sorta di labor limae leopardiano, dove la “cultura” ci impone di colere, di coltivare, cesellare ogni aspetto dell’essere, raccogliendolo con delicatezza nella nostra anima.

Gli apostoli, il mare, le costole e lo sterno sono in un tutto di ascolto, già scritto, in un tempo che è già venuto e pure ha da venire superando ogni contraddizione.

La contraddizione tra vita e morte segna un tragico che trova nietzscheanamente sovrabbondanza di essere nel gioco che si fa canto: “tutto è come in un gioco divino, dove io so e tu sai che so, tu sai e io so che tu sai: tutto ciò che attorno tocca il dìo dentro di me – canta e canta…”

E anche qui Aura è contemporanea perché sembra muoversi tra i due giganti del pensiero contemporaneo, tra il fanciullo di Nietzsche e la Gesang ist dasein di Heidegger.

“La volta è curvata nello sterno”, l’amore raccoglie il tutto dell’amore nel dolore fisico del petto. Un dolore come una malattia che solo l’amore dell’amato avrebbe potuto curare. E allora la poetessa vorrebbe fuggire dal suo corpo, pregare Dio che allontani da lei quel calice, perché è diventata tempio di una canzone che non le appartiene. E “tu sei come legno”, come pietra o come mare dopo la tempesta che nulla può smuovere dalla condizione di una pace che è diventata l’inerzia del meriggio. Sole che tutto brucia in una quiete che sembra essere un tramonto, perché in questa folgorazione, la parola viene meno e arrivano le notti insonni, in cui la febbre dell’insonnia fa tremare nella solitudine. Allora il vuoto, la pienezza del cosmo sembra aver ceduto il passo al vuoto. Ma la ragione impone di “non perdere la testa”: “Non siamo mai soli, mi dice un monaco. Giammai siamo soli, riecheggia in coro la foglia, il meriggio, il ghiaino”. C’è di nuovo un canto dell’essere che risorge dal luogo del silenzio, in cui il sole accecante e puro del meriggio fa vedere piccole cose come il ghiaino del giardino e le foglie che riallargano l’anima verso la pienezza dell’essere. Ed ecco che, ancora una volta, nel “genio del cuore” è come se si vivesse la sistole e diastole del dialogo tra pieno e vuoto, l’uno consustanziale all’altro. Nella quiete infatti, rimane l’eco. L’albero, simbolo della vita non può librarsi verso il cielo al quale tendono i rami, perché ancorato alle radici. La poetessa comprende che per oltrepassare il confine deve varcare la soglia della sofferenza e morire, in modo da disperdersi, come il sale nel mare. E nella sistole diastole del cuore, torna al punto di partenza, tra le macerie, mentre il canto della poesia continua a vociare su “come il mio mondo si spegne”. Ma la preghiera risolleva l’anima e allora riecheggiano le parole di Talete, che la morte non esiste e quelle di Gesù Cristo, entrambi derisi, perché era necessario che fosse così. Ognuno deve seguire il suo corso, il suo dio che gli impone di essere fedele a ciò che sente e a ciò che sa il genio del proprio cuore.

“Canto, cullo, piango, scongiuro il mare, le bianche ninfee. L’erba e il vento sono come gli amori impossibili. Canto il cuore, il vivo pensiero della mia morte.”

E la poesia che è canto costante, vorrebbe diventare incantesimo affinché il detto di Sant’Agostino “Ama e sarai amato” possa smuovere le montagne e i mari.

Francesco Corsi