Giancarlo Frisoni Museum

Giancarlo Frisoni

Collezione ARTinGENIO Museum

Chiudo un attimo gli occhi e mi rivedo bambino, con tutto il mio mondo nel cuore e senza parole per dirlo, tut- ti i colori dei campi, i profumi, la gente di terra. Terra che non ha mai tradito e ancora sopporta. Era stato nor- male rubare il ramato e colorare il vecchio muro, prova- re il colore dei pollini, del succo di sambuco, del mallo, dello zolfo, no a portare tutto man mano, sopra le tele. Fino a raccontare le dolcezze che vivevo, la sincerità che ascoltavo, l’armonia respirata. Sono così diventati rac- conti i miei quadri, racconti di terra e di cielo, di aria e di acqua, di gente e di vita. Terra che mi emoziona ancora ogni volta che mi passa di mano, perché sa di su- dore e fatica, di grano e di vigna. Nessuno ci pensa ma noi siamo come il grano e la vigna, l’aroma del tempo. Raccontano di noi nelle metafore dei segni, negli spa- zi delle masse, nel dolore dei graf , nelle armonie degli equilibri, nella grezza parola degli impasti e dei colori. Raccontano la bellezza dei sentimenti, le strade piene di sassi, gli smarrimenti, i valori sopiti, i ricordi lasciati, questo tempo del forse...
La poetica di Giancarlo Frisoni racconta la vita che nasce dalla terra, dai campi, dove si può leggere una sapienza che non è libresca e, tuttavia, nasce da un intuito profondo, come in un’esperienza vissuta nella dimensione primordiale, quasi fuori dal tempo eppu- re consapevole del tempo scandito dalla natura. Un racconto senza parole che l’artista poeta si sforza di cercare, per dire ciò che è già detto n dai primordi dell’Essere, ma va raccontato a chi non l’ha visto, a chi non riesce a percepirlo perché troppo occupato dal rumore moderno delle tecnica.
La natura “aorgica” è potenza in nita, imprevedibi- le, panica.
Frisoni è poeta prima che artista, Frisoni è contadino prima che poeta, Frisoni è uomo semplice che riesce a esprimere la complessità e il magmatismo della na- tura, con la nezza che può manifestare solo chi ha il dono di ascoltare l’eco del sublime.
L’artista ha prodotto le sue opere giocando con l’e- legia armoniosa degli impasti e la loro diafana ma intensa espressività. Ha lasciato che i colori e i mate- riali poveri utilizzati dessero agli spazi una luce che ricorda lontane dissolvenze della memoria.
La memoria è un tema particolarmente sentito da Frisoni che fa della sua vita una costante ricerca di una traccia cosmica di colore, di essenze, di materie, di un caos apparente che si riconduce nell’alveo di una forma che abbraccia il tutto.
Che tutto si snodasse in strutture sicure, in un equi- librio ordinato, emotivo, dove il segno vive tangibi- le, informale ma libero. E che le stesure materiche si muovessero lasciando af orare i valori del mio lin- guaggio più intimo e poetico.
E dal tema della memoria, che prende forma in un poetico equilibrio, è inscindibile dal senso della con- tinuità.
Con il mio continuo lavoro cerco, in una presa di co- scienza sempre più matura, di lasciare emozioni che vadano oltre, e continuino a vivere nel tempo. L’artista vive l’estensione nel tempo, quasi oltre il tempo stesso, esperendo “una tenerezza per le cose del mondo” che lo sollecita a “salvare” i materiali at- traverso la trasformazione del gesto artistico.
Le opere sono una tecnica mista affrescata su muro. Gli impasti sono formati da terre, polvere di vecchi intona- ci, colle, gesso, materiali di recupero. E i colori ricavati da altrettanti naturali materiali: solfato di rame, polli- ne di querce, petali tritati, succo di sambuco, zol . Dove non basta mi aiuto con pigmenti oppure ossidi, che uso anche per le velature.
E Frisoni riesce con un senso di “verità” a restituire quella poesia che proviene dalla terra alla terra me- desima, attraverso le sue tele attraverso la sua stessa materia, i suoi colori, e le sue essenze.

Francesco Corsi

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